La sala nera, con i mobili intarsiati tedeschi.
A sinistra: la sala rossa.
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Villa Monastero
Varenna
C'era una volta, ottocento anni fa, un piccolo monastero di monache cistercensi. La sua origine era probabilmente legata alle guerre comunali contro il Sacro Romano Impero, con la distruzione delle chiese dell'isola Comacina e l'esilio a Varenna dei relativi abitanti. In seguito, col trasferimento delle suore in un'abbazia di Lecco, il complesso fu venduto dall'arcivescovo Borromeo a un nobile della Valsassina, Paolo Mornico, che lo rilevò nel 1569. Ai suoi eredi si devono le prime trasformazioni dell'abbazia a fastosa villa signorile, con la seicentesca facciata e i simmetrici loggiati, pur conservando l'uso prevalentemente agricolo del giardino. Fu il tedesco Walther Kees che diede al palazzo la sua forma definitiva, con la secolarizzazione della chiesetta e la realizzazione dello splendido parco tropicale (1904). L'apparente incoerenza delle architetture è mitigata dal quadro dell'insieme, che accomuna motivi di ispirazione neoclassica (il tempietto), barocca (le balaustrate), eclettica (la portineria), esotica (le colonne tortili). Alla fine della Prima Guerra Mondiale la villa fu confiscata come bene nemico e ceduto all'Opera Nazionale Combattenti. Divenne poi un istituto per studi idrogeologici (inaugurato da Bottai nel 1940) e sede del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), che ancora oggi vi organizza convegni di alta cultura. Nel 1955 Enrico Fermi vi tenne la sua ultima lezione pubblica. |